Pochi sanno che i semi appartengono alla categoria dei superfood, infatti in essi sono racchiuse, in concentrazioni altissime, molte sostanze che gli conferiscono le proprietà ad essi associati. Qui di seguito elencherò le proprietà dei semi più diffusi, così potrete scegliere in modo più mirato quello che si adatta meglio alle vostre necessità:
– Semi di lino: sono tra i semi più ricchi in omega 3, con un buon rapporto tra acido linolenico e acido linoleico (2:1), che permette di riequilibrare il rapporto tra omega 3 e 6 spesso sbilanciato a favore di questi ultimi nei paesi occidentali. Ricordate che assumere buoni livelli di omega 3 previene l’insorgenza di malattie cardiovascolari e infiammatorie. Sono ricchi in fibre, tra cui le mucillagini, che assorbendo molta acqua rendono le feci più morbide e quindi hanno proprietà lassative. Infine tra i sali minerali e vitamine più rappresentate troviamo la vitamina B1, il magnesio e il fosforo.
– Semi di sesamo: non presentano un quadro lipidico eccellente come quelli di lino ma se avete carenze in calcio o ferro risultano essere sicuramente la scelta giusta.
– Semi di girasole: la ragione per il quale questi semi si fanno notare è sicuramente un altissimo contenuto di vitamina E, che raggiunge per 100g di prodotto addirittura più del 200% del fabbisogno giornaliero, conferendogli capacità antiossidanti. Anche Magnesio, manganese, fosforo e zinco sono ben rappresentati.
– Semi di zucca: la loro peculiarità è indubbiamente la cucurbitina, una sostanza responsabile dell’effetto antielmintico e grazie all’effetto coordinato con i carotenoidi e lo zinco preservano la salute della prostata.
– Semi di chia: Anche questi semi hanno un quadro lipidico ottimo come quelli di lino. Quindi hanno un buon contenuto di grassi omega 3 a discapito degli omega 6, apportando grossi benefici in caso di dislipidemie. Attenzione però; non sono consigliati per chi assume farmaci anti-coagulanti e/o fluidificanti. Possono infatti potenziarne l’effetto generando episodi di sanguinamento.
Da ricordare che tutti i semi sono una buona fonte di proteine, quindi alcune categorie di persone, come sportivi, vegetariani e vegani, dovrebbero farne un costante utilizzo.
Le malattie autoimmuni comprendono numerose patologie molto differenti tra loro, ma che prevedono tutte un’alterazione del sistema immunitario, che attacca delle componenti del nostro organismo che di norma non dovrebbero essere colpite, generando così un danno tissutale o anatomico. Questo quadro eterogeneo prevede di essere trattato in modo specifico sia a livello medico che dal punto di vista alimentare. Infatti ad ogni malattia autoimmune corrisponderà una dieta specifica; per esempio la celiachia prevederà una semplice dieta gluten free, mentre artrite reumatoide e crioglobulinemia verranno trattate con una dieta a basso contenuto antigenico (LAC diet). Ma come le malattie autoimmuni presentano una componente eziologica comune, anche le diete per queste patologie avranno delle basi comuni che dovranno essere rispettate se si vuole migliorare il proprio stato di salute:
-Aumentare il consumo di alimenti antinfiammatori
-Aumentare il consumo degli acidi grassi omega 3, prestando attenzione a diminuire il rapporto omega 6/omega 3
-Aumentare il consumo di vitamine e Sali minerali antiossidanti come vitamina A,C,E e selenio.
-Ridurre il consumo di acidi grassi trans che si trovano principalmente nelle margarine e negli alimenti fritti in oli vegetali
-Ridurre il consumo degli alimenti contenenti acido arachidonico. Quest’acido grasso fa parte degli acidi grassi omega 6 e promuove il persistere di una fase infiammatoria. È contenuto principalmente in strutto, sugna, sardine, tuorlo e wustel).
-Eliminare o ridurre il glutine
-Eliminare o ridurre gli zuccheri raffinati.
Ieri mi è capitato di incappare in una ricetta che mi ha subito fatto venire voglia di provarla: Il polpettone di melanzane! Fortunatamente non ha deluso le mie aspettative ed era veramente delizioso. Ora vi faccio uno zoom su questa pietanza, per scoprire le proprietà di questo piatto leggero e nutriente al tempo stesso.
Le melanzane vantano tra le loro proprietà l’alto contenuto di acqua, potassio, magnesio e fosforo, che le donano un potere diuretico e aiutano a reintegrare i sali minerali persi con la sudorazione durante il periodo estivo, combattendo quindi la stanchezza e i crampi. In più sono anche ricche di fibre, risultando indicate per combattere la stitichezza e, presentano proprietà ipocolesterolemizzanti e colagoghe (stimolano lo svuotamento della colecisti), riequilibrando così l’attività epatica. Per ultimo ma non meno importante, ricordiamo che tutti gli ortaggi di colore viola sono ricchi in antiossidanti, quindi validi aiutanti nel periodo estivo per limitare i danni dei raggi solari.
Nella ricetta sono presenti anche mandorle e semi di lino che aggiungono proteine e acidi grassi insaturi, rendendo il polpettone di melanzane un piatto completo sotto il profilo nutrizionale e anche adatto ad una dieta per vegani.
Ricordatevi, mai annoiarsi in cucina! Buon appetito!
Lo sapevate che i giapponesi hanno 72 stagioni?
Questa loro tradizione deriva dall’attenzione che rivolgono verso i più piccoli cambiamenti osservabili in natura, dallo sbocciare del primo fiore di ciliegio alle prugne che maturano.
Mi sono resa conto, che pur senza saperlo, anche io adottavo più o meno le medesime consuetudini. Mi piace infatti celebrare i piccoli doni che la natura ci offre durante l’anno, e con questo articolo vorrei condividere con voi l’arrivo degli asparagi sulle nostre tavole.
Gli asparagi sono ricchi di fibre, acido folico, vitamina A, C, E e alcune vitamine del gruppo B. Contengono sali minerali come fosforo, Calcio e Cromo. Quest’ultimo li rende particolarmente adatti per chi soffre di insulino resistenza e diabete, in quanto potenzia l’attività insulinica risultando ipoglicemizzante. Sono anche ricchi in glutatione, l’antiossidante più potente in natura e sono ottimi diuretici, quindi indubbiamente sono da scegliere in caso di cellulite e ritenzione idrica.
In alcuni casi però, l’uso degli asparagi non è consigliabile, come nei nefropatici o nelle persone con alti livelli di uricemia o che soffrono di gotta, in quanto gli asparagi sono ricchi in purine che possono peggiorare la situazione.
Un’ultima curiosità, l’odore caratteristico delle urine dopo aver mangiato asparagi è donato da gruppi sulfurei contenuto in questo ortaggio.
La maggior parte di noi donne sfortunatamente sa perfettamente che significa soffrire di cistite. In questo articolo mi dedicherò ai possibili approcci nutrizionali che si possono attuare per migliorare la sintomatologia e in alcuni casi curare la cistite.
Innanzitutto dobbiamo cercare di capire le cause; esse possono essere molteplici, ma nella maggioranza dei casi è dovuta ad un’infezione causata da batteri intestinali. Dal momento che nella donna il passaggio che c’è tra intestino e uretra è più breve, ecco che i batteri intestinali passano più facilmente rendendo le donne più soggette a questo tipo di infiammazione. Si evince quindi come l’intestino e la vescica possano influenzarsi reciprocamente, ed è per questo che un primo passo verso il miglioramento dello stato di salute della nostra vescica passi attraverso la risoluzione di eventuali problemi a carico dell’intestino (stitichezza, disbiosi intestinale, coliti…). Una dieta che ripristini il buon funzionamento intestinale, associata all’eliminazione degli alimenti che invece ne peggiorano i sintomi, può recare molti benefici.
Studi dimostrano che circa l’85% dei pazienti mostrano un aggravarsi dei sintomi legati alla cistite dopo l’assunzione di alcuni alimenti. Qui di seguito vi riporto i maggiori imputati (da ricordare che esiste una sensibilità individuale verso gli alimenti, da valutare da persone a persona):
-caffè, tè, alcol e bevande gassate
-peperoncino, cibi speziati
-frutta ricca in acido citrico
-cioccolata e dolciumi
-insaccati
Il meccanismo con cui il cibo può innescare i sintomi della cistite non sono ancora ben chiari. L’ipotesi più avvalorata è che nei soggetti particolarmente predisposti, a causa di una barriera uroteliale anormale, dovuta a strati di glicosamminoglicani (sono dei polisaccaridi con funzione di sostegno e protezione dei tessuti) vescicali difettosi, e un’alterazione del Ph urinario, indotto dalla dieta, può causare un’irritazione della vescica. Esiste quindi una predisposizione che può essere tenuta sotto controllo seguendo un’alimentazione corretta; infatti non c’è da avvilirsi perché fortunatamente circa l’87% dei pazienti dopo aver seguito una dieta ad eliminazione per 2-3 mesi ha riportato miglioramenti.
Associata alla dieta si potrebbero assumere anche deli integratori che possono aiutare nella risoluzione del problema:
-L-arginina: è un aminoacido che rilassa i muscoli uretrali alleviando così il dolore
-Quercitina: è un antinfiammatorio, antiossidante e immunoregolatore. Non ha effetti collaterali a lungo termine, quindi può essere usata nelle malattie croniche
-mirtillo rosso americano: che impedisce l’adesione dei batteri alle cellule epiteliali della vescica.
-probiotici: per regolarizzare l’attività intestinale e ripristinare la corretta flora intestinale.
Gli ultimi consigli utili: ricordate di bere molto, non fumare, non indossare pantaloni troppo stretti, non essere sedentari e avere una corretta igiene intima!
Mi sono imbattuta questo inverno, andando in giro per mercatini di Natale, in una bancarella che aveva tantissimi prodotti a base di canapa. Ebbene, non sapevo che la canapa potesse prestarsi per così tanti utilizzi e preparazioni (pasta, biscotti, oli, sapone…), a parte il più comune uso ricreativo a cui tutti pensano quando si parla di cannabis. Così mi ripromisi di informarmi a riguardo e mi si è aperto un mondo! Ed ora eccomi qui che dedico finalmente (sempre meglio tardi che mai) un articolo alla canapa e alle sue proprietà.
Se dai fiori si ricava la marijuana e dalle fibre dello stelo parte la produzione di corde e tessuti tessili, è dai semi che si possono ricavare una serie di prodotti per uso alimentare. La composizione nutrizionale del seme di canapa è molto interessante:
Il 25% dei semi è rappresentata da proteine ricchi in aminoacidi essenziali, quindi potrebbero essere aggiunti a pietanze vegetali per aumentarne il valore biologico.
Il 35% è rappresentato da acidi grassi per lo più polinsaturi, presenti con un rapporto ottimale (3:1) tra omega 6 e omega 3.
Sono ricchi in fibre, vitamine A, E, D, alcune del gruppo B, e sali minerali come Potassio, Magnesio, Calcio e Zinco.
Gli effetti benefici della canapa sono: ipertensivi, antiossidanti, cardioprotettori, immunostimolanti, lassativi e adattogeni (aumentano la resistenza allo sforzo).
Dai semi si può ricavare sia un olio, che una farina brunastra con la quale si possono ottenere pasta e prodotti da forno, per altro anche senza glutine. Inoltre possono essere utilizzati per produrre panna, margarina, latte e una specie di tofu. In più il sottoprodotto dei semi pressati per l’estrazione dell’olio è un concentrato proteico che si potrebbe utilizzare come mangime per animali, permettendo il raggiungimento del massimo peso ad un costo inferiore e senza bisogno di steroidi. Che dire la canapa è un po’ come con il maiale…non si butta nulla!
Attenzione, va sottolineato che l’utilizzo della canapa va evitata in pazienti che utilizzano farmaci antiaggreganti e/o antidepressivi, perché ne potenziano l’effetto.
Quindi vi consiglio di riscoprire questo prodotto millenario dalle mille proprietà!
Cerchiamo prima di capire cosa sono le crucifere! Appartengono a questa famiglia i broccoli, cavoli, verza, rape, rucola e ravanello. Se aveste un orto questo sarebbe il periodo dell’anno in cui vi donerebbe queste verdure, quasi come se la natura ci volesse dare delle armi da difesa, per affrontare il periodo invernale. Eh si, perché le crucifere migliorano il nostro sistema immunitario, non solo grazie all’alto contenuto di vitamina C, ma anche grazie ad una molecola che va a stimolare i linfociti (per approfondire: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21999944 ).
In più sono degli ottimi antiossidanti e alleati contro i tumori, perché contengono delle sostanze anti-tumorali dette glucosinolati. Da tener presente che questa molecola non agisce direttamente, ma ha bisogno di essere attivata. L’attivazione avviene tramite la masticazione e permette la liberazione di ulteriori sostanze, tra cui la principale protagonista nella lotta contro il cancro: il Sulforafano.
L’unico appunto da dover fare è che le crucifere rientrano tra gli alimenti gozzogeni e cioè che interferiscono con il metabolismo dello iodio, quindi il loro consumo non deve essere eccessivo soprattutto in casi di ipotiroidismo.
Quindi portate sulle vostre tavole le crucifere e tutto il vostro corpo ne beneficerà.
Qui di seguito vi riporto la foto del mio gateau di cavolfiore una ricetta veloce e sfiziosa, apprezzata tanto anche dai bimbi, per mangiare il cavolfiore in modo un po’ alternativo.
Oggi, per curiosità di provare qualcosa di nuovo e per necessità, visto il poco tempo e il frigo quasi vuoto, mi sono trovata a sperimentare un piatto che ho trovato non solo molto buono, ma anche molto versatile.
Si tratta degli involtini di verza. L’ho trovata una ricetta svuota frigo molto interessante, da poter anche proporre nelle miei diete. Può essere interpretato come primo piatto se per il ripieno degli involtini si usa il riso, un secondo piatto se invece si utilizza la carne o più semplicemente un contorno se si utilizzano solo verdure. In base a come sono preparati possono essere una pietanza ipocalorica, comoda da portarsi dietro per lavoro per chi non riesce sempre a tornare a casa per i pasti, veloce da cucinare e molto gustosa.
Qui nella foto c’è la mia versione “contorno”, ripieni di peperoni, porri, carote, verza e curry.
Non vi resta che sbizzarrirvi con le vostre versioni personalizzate.
Mangiando riforniamo il nostro corpo di energia. Ma di che energia stiamo parlando? Si tratta di energia chimica generata dall’utilizzo della molecola di ATP. L’ATP può essere però prodotta dal nostro organismo utilizzando 3 vie:
– Sistema anaerobico alattacido
– Sistema anaerobico lattacido
– Sistema aerobico
Cercherò qui di seguito di spiegare con semplici parole le differenze tra questi 3 sistemi e quando vengono utilizzati:
Il sistema anaerobico alattacido avviene in assenza di ossigeno e senza formazione di acido lattico. È caratteristico degli sforzi brevi e molto intensi (scatti, sollevamento pesi…), che hanno una durata di circa 10 secondi e che produce ATP grazie alle riserve muscolari di creatin fosfato.
Il sistema anaerobico lattacido ha come principale fonte di energia il glicogeno muscolare che ossidato genera acido lattico, il quale se supera una certa soglia non riuscirà ad essere smaltito e accumulandosi porterà ad un blocco della contrazione muscolare. Questa via metabolica entra in gioco nell’intervallo di tempo dai 10 ai 180 secondi; si trova quindi alla base di tutti quegli sport che prevedono tanti e differenti allunghi (calcio, tennis, basket….)
Il sistema aerobico prevede l’utilizzo di glicogeno muscolare ed epatico, glucosio ematico, acidi grassi e proteine. È il metabolismo di base del nostro corpo a riposo e in tutti quegli sport di resistenza. Quali tra queste fonti energetiche sarà utilizzata? dipende dall’intensità della gara: un’intensità bassa prediligerà l’utilizzo di acidi grassi, mentre ad intensità maggiori sarà utilizzato prevalentemente glicogeno. Per sapere a che intensità si lavora bisogna calcolare la percentuale dei battiti cardiaci massimali: 60% dei battiti cardiaci massimali indicano un’attività poco intensa; dal 70-85% si passa ad un’intensità maggiore (come calcolare la propria percentuale di battiti cardiaci massimali ne parlerò la prossima volta).
Ricordiamoci che anche nel meccanismo aerobico a basse intensità, occorrono almeno 20 minuti prima di attivare la lipolisi (più un atleta è allenato e più tale tempo sarà ridotto), e che ci sarà sempre il consumo di una parte di proteine che dovrà essere integrata con l’alimentazione.
Possiamo concludere affermando che, in base allo sport che praticate utilizzerete sistemi di produzione di energia diversi e quindi differenti substrati energetici; da qui parte l’esigenza di seguire regimi alimentari specifici alla pratica sportiva svolta e lì dove necessario seguire una corretta integrazione.
Dott.ssa Flavia Esposito
Purtroppo sempre più spesso sulle nostre tavole arrivano prodotti preconfezionati, trattati, inscatolati etc.. Ricordiamoci che con essi stiamo ingerendo anche additivi alimentari. Cerchiamo di comprendere insieme che cosa sono, come si dividono e soprattutto se sono tutti dannosi per la nostra salute.
Gli additivi alimentari sono sostanze aggiunte agli alimenti per renderli più saporiti, più appetibili o semplicemente per conservarli più a lungo. Vengono contrassegnati con un codice preceduto dalla lettera E, seguita poi da un numero che indicherà il gruppo a cui appartiene l’additivo:
-E100 a 199 coloranti
-E200 a 299 conservanti
-E300 a 399 antiossidanti e correttori d’acidità
-E400 a 499 addensanti, stabilizzanti ed emulsionanti
-E500 a 599 regolatori d’acidità e antiagglomenranti
-E600 a 699 esaltatori di sapidità
Non tutti gli additivi fanno male alla nostra salute, alcuni sono del tutto naturali e non devono generare nessun tipo d’allarme, altri invece sarebbero totalmente da evitare, faccio un paio d’esempi:
Il Glutammato monosodico è un esaltatore di sapidità, che troviamo soprattutto nei dadi vegetali e in alcuni salumi, che presenta tra i suoi effetti collaterali l’aumento d’appetito, in quanto promuove lo svuotamento rapido dello stomaco. È uno dei fattori che contribuisce allo sviluppo dell’obesità nei paesi occidentali dove si fa un abuso di prodotti industriali. Teniamo sempre presente che l’industria alimentare aggiunge ad alcuni prodotti esaltatori di sapidità per mascherare una pessima qualità. Io lo considero un po’ un imbroglio per le nostre papille gustative.
I polifosfati sono degli addensanti utilizzati per migliorare la spalmabilità dei formaggi molli o per rendere la carne più morbida come nel caso di carni in scatola e salumi cotti. Hanno la capacità di diminuire l’assorbimento di alcuni minerali tra cui il calcio, predisponendo ad una fragilità ossea. Da evitare l’utilizzo soprattutto nei bambini e negli anziani.
I Nitrati sono dei conservanti utilizzati nelle carne in scatole, in salumi e wustel. Purtroppo una percentuale di nitrati si trasforma in nitriti, che nel nostro organismo reagiscono con le ammine, formando le nitrosamine, delle molecole cancerogene. In più i nitriti hanno anche la capacità di legarsi all’emoglobina riducendo il trasporto d’ossigeno (condizione da evitare in particolar modo nei bambini e negli anziani). Dobbiamo fare un’ulteriore considerazione nel caso dei nitrati, cioè che la quantità di queste sostanze necessarie per la conservazione sarebbe molto minore rispetto a quella realmente utilizzata. Il motivo lo ritroviamo nella capacità dei nitrati di mantenere il colore rosa delle carni, che altrimenti imbrunirebbero.
Il mio consiglio? Cercate sempre di scegliere prodotti freschi e non trattati, ma se proprio dovete almeno buttate un occhio all’etichette!!
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